Ricordi: Una gita a Pisa

Il legame tra Lugano e Pisa, nel mio ripercorrere il passato è ancora una volta l’arte. Magritte e il surrealismo sono stati, infatti, i protagonisti del viaggio a Pisa. Una meta insolita, eppure piena di sorprese.

Nei miei lontanissimi ricordi di bambina, Pisa era solo una gigantesca piazza con enormi costruzioni poco definite, troppo grandi per essere ricordate nitidamente. A rimettere le cose a posto ci volle l’Università, poi però non ho mai più avuto l’occasione di trovarmi faccia a faccia con la Torre o il Battistero fino allo scorso anno, in cui, inseguendo ancora una volta Magritte, decidemmo di fare tappa a Pisa. Mai decisione fu più azzeccata, il Lungarno, le vie, le chiese, i palazzi, ogni cosa era perfetta. L’armonia, la bellezza, i rumori della strada, tutto mi riportava in ogni istante alla storia di questa città. Ai fasti di quando fu Repubblica Marinara, alla rivalità con le altre città toscane, agli artisti che l’hanno resa magnifica. Impossibile non esserne rapiti. La sua vivacità, resa tangibile dall’Università, la rende elegante e dinamica. Ricordo, con piacere e nostalgia, le passeggiate nel sole, ma anche quelle notturne con i palazzi ed in particolare una chiesa riflessi nell’Arno. Un’immagine apparentemente romantica e quasi superficiale, ma posso assicurare che l’effetto era struggente e stupefacente. E ancor più sorprendente ricordo fu quando, alzando gli occhi verso le pareti di un edificio scoprimmo essere completamente affrescato da Keit Haring. Un improvviso tuffo nel futuro, in una città dalle radici antichissime, una vera meraviglia per occhi e spirito. In poche ore eravamo padroni della città, trovarsi in centro per lasciarsi avvolgere dall’arte e poi, verso sera, via alla ricerca dei ristorantini che, nel corso della giornata, ci erano stati consigliati dagli studenti incontrati a Palazzo Blu o a spasso sulle mura della città. Non ho mai mangiato così bene come in quei giorni. Saltando le pizzerie e i fast food, la scelta cadeva spesso su piccoli locali caratteristici. In fatto di cibo la Toscana non è seconda a nessuno e quindi tra maestosi taglieri a base di formaggi, confetture, verdure e salumi, con buona pace dei vegetariani, abbiamo assaporato il meglio della produzione pisana. Se mi concentro, riesco a ricordare il profumo e il sapore della buonissima pappa al pomodoro, della ribollita e della panzanella toscana, tutte preparate da una divertente signora che nel suo locale del corso, riusciva a trovarci un posticino anche all’ultimo minuto. E come dimenticare che Pisa vanta un’antica tradizione di cucina marinara. E’ qui, in uno dei ristoranti storici, che ho mangiato una frittura di alici seconda solo a quella del mio Cilento e un piatto di paccheri con rana pescatrice niente male. Era inverno, forse fine gennaio o febbraio, ma l’aria era mite, le giornate piene di sole e Pisa aveva tutta l’aria di avere una gran voglia di passare il tempo con noi e questo contribuì a farmi sentire bene, a farmi amare un luogo che mai avrei pensato potesse avere tanto appeal su di me. Palazzo Blu è stato una rivelazione. Intanto è davvero Blu, poi è un museo molto interessante e in quei giorni ospitava la mostra Magritte, Duchamp e il Surrealismo. Che dire, emozionante, nelle sale non soltanto tele, ma sculture, disegni, opere materiche, ready-made, film, documenti e documentari, tra cui una tra le opere più famose del periodo, il cane andaluso, irrinunciabile per gli appassionati del Surrealismo e non solo. Non so dire cosa fosse più bello, se la mostra o il palazzo se la città con le sue atmosfere, se tutti quei monumenti buttati lì, tutti insieme, quasi a stordire, o i taglieri dei suoi ristoranti, sta di fatto che da allora penso che Pisa meriti una seconda visita ed è già nella mia lista delle cose da fare, un giorno, spero presto.

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